Quante volte ho sentito le mie allieve di arpa pronunciare la frase: “Non ce la faccio”!
E quante volte ho visto bambini piangere o agitarsi perché non riuscivano a fare un movimento, a suonare uno strumento complicato?
Mi ritrovo a pensare: perché la usano così spesso? Perché il “non ce la faccio” è sempre più usato del “ce la faccio”?
Ancora non sono venuta a capo di questa cosa. Ma ho alcune teorie…
Probabilmente ha una grande influenza la società in cui viviamo ora, che ci insegna a essere vincenti, subito e senza ripensamenti. Uno deve nascere superman e affrontare tutto con grinta, volando tra i problemi, superandoli senza cadere mai. Superman non può permettersi prove ed errori, deve far tutto giusto al primo colpo. Ne vale della sopravvivenza del pianeta, mica si scherza! 😉
O forse è semplicemente il modo più semplice per affrontare un problema:
- c’è un problema
- io non ce la faccio
- il problema non è più mio
Che sia per un motivo o per l’altro una cosa è sicura e l’ho ritrovata in questa frase: “La convinzione di non essere capace rende incapaci”.
Dunque cosa possiamo fare noi insegnanti? Certamente essere sempre attenti alle nostre parole, ai nostri gesti, è di grande aiuto, ma il problema è che non basta recitare la parte della “persona che ti supporta”, bisogna crederci veramente. Altrimenti la nostra falsità viene percepita dal bambino.
Se sono convinta delle capacità innate di ognuno di loro, potrò dare il tempo, lo spazio e il modo di riuscire in quello che stanno provando. Se dentro di me non ho alcun dubbio che egli possa riuscire, troverò il modo di dargli l’occasione per farlo.
Senza questa convinzione interna sono sicura che nessuna “bella” parola e nessun gesto incoraggiante potranno mai aiutare i piccoli.
Ed ecco le mie due grandi convinzioni:
- potenzialmente ognuno di noi è in grado di fare qualsiasi cosa riesca ad immaginare
- siamo nati con la musica incorporata, fa parte di noi, quindi non c’è modo di sfuggirle
La prima convinzione mi aiuta con le mie allieve di arpa. Le guardo e penso che possono suonare qualsiasi cosa io gli proponga, possono raggiungere qualsiasi traguardo loro vogliano raggiungere.
La seconda convinzione mi aiuta con i bambini piccoli, anche moooolto piccoli e la metto in pratica nel “fare musica”. Perché è attraverso questo fare, questo sperimentare, questo vissuto del bello, del gioco, che il bambino può sentirsi libero di provare, cadere, rialzarsi e riprovare. Continuando a mettersi in gioco e cambiando così le sue convinzioni. Riuscendo, giocando, imparando a sentire che la musica fa parte del suo essere, che il ritmo ce l’ha nel sangue e la melodia nel corpo. 🙂