Oggi vorrei parlare di come è nata la scrittura musicale. Essa nasce dall’esigenza di tramandare le melodie dei canti devozionali cristiani.
Come molti di voi sapranno, fino circa al IX secolo i canti venivano tramandati mnemonicamente, senza l’aiuto di alcuna scrittura. Solo se conoscevi (quindi avevi già sentito) la melodia potevi cantarla, altrimenti non vi erano supporti.
Nel VIII secolo, osservando i movimenti del direttore del coro, alcuni monaci iniziarono ad annotare sopra al testo del canto alcuni segni di ascesa e discesa che vennero chiamati segni chironomici (dalla parola greca cheir, mano).
Questi segni aiutavano i cantori a capire se la voce doveva salire, fermarsi o scendere e agevolavano così la memorizzazione dei canti.
I gesti della mano del direttore difatti rispecchiavano ciò che realmente la voce faceva dentro al corpo: essa viaggiava nelle diverse cavità risonanti, dalle più gravi (la mano era verso il basso) alle più acute.
Ecco che i primi accenni di scrittura musicale sono nati dall’uomo in ascolto con il proprio corpo e con il mondo che lo circonda.
Da questi semplici segni si venne a poco a poco a sviluppare un sistema di segni chiamati neumi che indicavano uno o più suoni, riferiti alle note o alla nota che si doveva cantare.
Questi segni però avevano un limite: non facevano capire la distanza delle note ma solamente la loro ascesa o discesa. Vengono chiamati neumi in campo aperto perché non avevano riferimenti ma solo il compito di agevolare la memoria.
Un passo avanti per la scrittura musicale si fece introducendo una o più linee che corrispondevano ad un determinato suono così che i neumi potessero essere scritti sopra o sotto a seconda della distanza dal suono di riferimento. I primi tre suoni di riferimento furono il DO il FA e il SOL, corrispondenti alle lettere C, F e G secondo la scrittura dell’epoca. L’evoluzione di queste lettere ha portato alla nascita delle nostre chiavi musicali.
Intorno al XI secolo furono infine introdotte 4 linee (tetragramma) e i neumi vennero scritti sulle linee o sugli spazi tra di loro. Iniziarono ad avere una forma quadrata e ad uniformarsi.
Fu in questo secolo che un monaco di nome Guido D’Arezzo diede un nome alle note musicali e iniziò il percorso che portò alla nostra attuale scrittura musicale. Egli capì che per imparare un canto è necessario che i suoni siano incorporati nella memoria, ovvero che sia chiaro il movimento sonoro dei suoni all’interno del corpo.
Ispirandosi all’Inno di San Giovanni ottenne la scala musicale mettendo in fila la prima nota d’ogni strofa. Ad ogni nota corrispondeva la prima sillaba di ogni verso, da qui l’idea di dare a quella nota il nome della sillaba. Ecco il testo dell’inno:
UTqueant laxis
REsonare fibris
MIra gestorum
FAmuli tuorum
SOLvi polluti
LAbii reatum
Sancte Joannes
Fino al 1600 le note furono chiamate: UT RE MI FA SOL LA. Il SI nacque dall’avvicinamento delle due lettere iniziali di Sancte Joannes, il verso che conclude il canto.
Nel 1600 UT venne chiamato DO, più facile da pronunciare. La proposta fu fatta da G.B. Doni e difatti si tratta della prima sillaba del suo cognome.
Ecco che questa scala, alla quale ogni suono corrispondeva un nome, divenne di grande utilità ed importanza nell’insegnamento perché aveva la funzione di modello fisso della successione dei toni e semitoni.
La bellezza di questo frammento di storia della musica è che niente di tutto ciò sarebbe potuto accadere se l’uomo non si fosse messo in ascolto del proprio corpo e non avesse sentito che i suoni “viaggiano” al suo interno facendolo vibrare come uno strumento musicale.
Riferimenti:
- Nuova storia della musica – Riccardo Allorto
- Il mio primo libro di musica – Paola Beltrami
Insegnare ai bambini a leggere e scrivere la musica ripercorrendo questo lungo viaggio è fondamentale per far si che rimanga impresso nella loro memoria.
Se ti interessa scoprire il corso di avviamento alla lettura e scrittura musicale che ho ideato per i bambini, visita la pagina di LE NOTE SONO OTTO.